The Artisans: band emergente che si ispira alla musica anni ’80

Interviste

Abbiamo incontrato THE ARTISANS, band romana emergente e indipendente, per una intervista a 360 gradi. Partiamo con le domande.

Come è nato il vostro progetto? Come vi siete incontrati?

Incontrare un buon compagno di musica è sempre cosa difficile, la nostra fortuna è stata quella di legarci non solo dal punto di vista artistico ma anche umano.

Il progetto nasce un po’ per caso, per la voglia di cimentarsi in qualcosa di proprio piuttosto che spendere il tempo a coverizzare qualsiasi cosa. 

Il nucleo originario si è formato due anni fa, circa, con Daniele Nastasi (basso) Marco e Adriano Balsamà (batteria e chitarra), Mirko Larosa (chitarra) e Lisa De Benedittis (voce); quest’ultima si trovò costretta a lasciare il progetto passando temporaneamente il microfono a Daniele.

Un anno dopo entrarono a far parte della band Dario Carbone come voce ufficiale e poi Alessandro greyVision come chitarra solista, completando di fatto la formazione (Alessandro greyVision Gaetano è il nipote del grande cantautore, Rino Gaetano, Ndr).

Che tipo di musica fate? Il progetto indipendente, una scelta importante.

La nostra musica attinge a quel pozzo meraviglioso degli anni ’80 qual era il post-punk e la new wave, strizzando l’occhio alla sua evoluzione contemporanea degli anni 2000.

L’indipendenza del nostro progetto è il terreno fertile in cui coltivare la nostra libertà artistica, senza vincoli e con la possibilità di sperimentare ad ampio spettro il potenziale che questo genere musicale offre, senza mai forzare nulla”

Quali sono gli artisti a cui vi siete ispirati e vi ispirate ancora oggi, quali sono la vostra formazione musicale e i vostri ruoli?

“Considerando i gruppi più recenti citiamo Interpol, Editors e Placebo, volgendo l’orecchio agli anni ’80 Joy Division, The Cure, Chameleons, Pixies. Ovviamente ogni membro della band ha nel proprio background anche delle contaminazioni esterne al genere che aiutano comunque a creare il nostro sound.

La nostra formazione musicale è prettamente autodidatta. C’è chi ha avuto più esperienza nel tempo, decennale come quella di Alessandro (chitarra solista) spesa sui palchi italiani con la Rino Gaetano Band, chi l’ha coltivata nel privato e nei garage negli ultimi dieci anni come Marco (batteria) Daniele (basso) e Mirko (chitarra ritmica); Adriano (chitarra) e Dario (voce) si sono approcciati alla musica originale proprio grazie al progetto The Artisans”

Nel panorama dell’industria musicale attuale già riuscire a vivere di musica, facendo la differenza, è un miracolo e sappiamo quante siano le difficoltà. Qual è l’obiettivo finale, vostro? Se avete un obiettivo finale e se lo è. Quali difficoltà incontrate nel proporre la vostra musica?

Porsi obiettivi finali oggi è un po’ un’utopia. Noi viviamo di obiettivi graduali, abbiamo cominciato con un pezzo scritto in una falegnameria, oggi stiamo lavorando al nostro primo album e lo facciamo autoproducendoci, registrando il tutto nella nostra piccola sala prove artigianale.

La nostra passione, che è l’arma più efficace per districarci nel difficile percorso verso l’affermazione, ci ha permesso di proporre la nostra musica in alcuni contesti romani, certi che la strada da fare è ancora lunga. In questo è stato formativo e gradevole essere stati battezzati nella trasmissione radiofonica Radio Voi che ci ospiterà nuovamente nella sede di Radio Kaos Italy, poiché anche la visibilità e la promozione fanno parte del nostro processo di crescita professionale.

Legata alla precedente, lo è questa domanda: essere indipendenti è una scelta di libertà artistica, come giudicate la musica italiana, attualmente? La musica indipendente ha un futuro, ancora?

La musica italiana commerciale di oggi sembra rivivere un classicismo di ritorno, epurando quella sperimentazione propria degli anni ’80 e ’90. Stiamo assistendo a giovani proposte che si rifanno ai vecchi stilemi della musica leggera italiana e ad alcuni vecchi maestri che cercano goffamente di sembrare contemporanei. In tutto ciò vediamo comunque crescere realtà indipendenti di valore, segno che non tutti cercano il successo facile seguendo i dettami del mercato discografico.

La realtà indipendente avrà sicuramente un futuro migliore se si abbandoneranno le logiche di mercato che escludono il rischio di investire su dei prodotti originali, preferendo spremere generi standardizzati fino ad “esaurimento scorte”. 

Credete nei talent? X Factor è una trappola o una vetrina?

X Factor e gli altri talent show sono prima di tutto dei programmi di intrattenimento, a nostro avviso più o meno validi. A livello musicale può essere una buona vetrina per chi cerca un rapido successo, ma non lo troviamo coerente con l’idea di indipendenza creativa che il nostro progetto ha in sé.

Quali possono essere le chiavi per il successo?

Sicuramente la passione, la costanza e un’ottima etica del lavoro possono rendere longevo un prodotto. Il successo non è figlio di una scienza esatta, nessuna formula può determinarlo.

The Artisans suonano sul palco visti dall'altoParliamo di voi: il progetto THE ARTISANS. Da dove nasce il nome della band? Ricordiamo i vostri ruoli nel gruppo e chi scrive i testi, del vostro lavoro e dei brani in uscita. Quali tematiche vengono affrontate nei testi? 

Il nome della band nasce dalla prima sala prove in cui ci siamo riuniti che altro non era se non un laboratorio di falegnameria. Cosa c’è di più artigianale?!

Il processo creativo dei testi è ad appannaggio di tutti i membri del gruppo, si sta progressivamente allargando la partecipazione dopo l’iniziale impronta data da Daniele su diversi brani. I testi parlano di situazioni umane e personali, rapporti, difficoltà e speranze, tutto quello che riteniamo proprio dell’animo umano; è per questo che vorremmo racchiudere tutto in un CD dal titolo omonimo di una nostra canzone, Mankind, un’umanità non ritratta in senso generico, ma dai tratti più intimi, contenitore di singole realtà esistenziali date dalla più sensata spontaneità.

Quanto costano gli obiettivi e i bisogni da raggiungere?

Costano, sicuramente. E non poco. Costano tempo e dispendi economici, soprattutto per chi decide di far da se e resta legato e attento ad ogni traccia che rimane del proprio lavoro. Il prodotto di tutto ciò è quello che ci dona l’entusiasmo di continuare su questa strada.

Ognuno di voi mi dica I propri tre artisti / gruppi preferiti di sempre.

# Daniele Nastasi: Nick Cave, Dinosaur Jr, Pixies
# Marco Balsamà: Pink Floyd, The Who, David Bowie
# Adriano Balsamà: Tom Waits, The Doors, Interpol
# Mirko Larosa: Rolling Stones, Jimi Hendrix, Guns ‘n’ Roses
# Alessandro greyVision: Joy Division, The Cure, Dead Can Dance
# Dario Carbone: Ministri, System of a Down, Editors

Una considerazione finale: un progetto, non è mai completo ma è un viaggio, un percorso che si arricchisce continuamente, gli obiettivi cambiano, i sogni e le visioni mutano prospettive: come vedete il vostro futuro nella musica? La passione è il collante primario?

La passione è fondamentale tanto quanto il senso di appartenenza e il rispetto l’uno degli altri. Come in ogni ambiente in cui è presente il continuo scambio di opinioni, possono nascere delle incomprensioni, ma fa tutto parte del processo creativo. Fare musica insieme significa seguire una rotta comune, in cui persino gli attriti si tramutano in energia positiva per far sì che vengano coltivati dei piccoli grandi sogni. Per quanto riguarda il nostro futuro, continuiamo a fare un passo alla volta sempre fedeli a noi stessi.

 Intervista di Alessandra Paparelli

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