Intervista a Davide, cantante dei Ministri: il punto di vista alternative rock sulla musica.

Interviste

L’intervista di oggi parla di amicizia, di passione per la musica, di un percorso consapevole, di una band che è riuscita a emergere, ma anche di consigli per chi sta muovendo i primi passi nella discografia.

5 album, 2 ristampe, svariati successi, oltre 10 anni di musica. Sono I Ministri, band milanese di alternative rock nata sui banchi di scuola che è riuscita ad emergere grazie al proprio talento, ma anche all’ambizione e alla voglia di farcela con determinazione e consapevolezza.

Abbiamo incontrato Davide, il cantante, un sabato pomeriggio, in uno di quei giorni in cui la città sembra essere in pausa, poche persone che passeggiano per le strade, poche auto in circolazione… ed è stato subito amore! 

Partiamo dall’inizio, ti sei avvicinato al mondo delle musica attraverso un percorso consapevole o è stata la conseguenza di circostanze favorevoli?

Credo che la mia, ma anche quella dei miei compagni sia una predisposizione naturale. E’ conseguenza di ciò che amavo ascoltare fin da bambino, musica e ascolti che ti forgiano le orecchie. E poi il liceo, la culla da cui è nata e si è sviluppata la nostra musica.

L’amicizia, gli interessi in comune hanno fatto si che attraverso un percorso roccambolesco nascesse la band con le sonorità che hanno portato al primo disco.

Avevamo in comune una grande ambizione, ma anche il voler fare delle cose che ci divertissero, la musica per noi era un gioco, un passatempo ma al contempo avevamo una gran voglia di comunicarla all’esterno e da li si è trasformata in lavoro.

Siete stati prodotti sia da etichette piccole che da Major, qual è la differenza nell’approccio alle band?

E’ un tema complesso, le Major sono croce e delizia di un musicista, sicuramente avere un contratto con un’importante casa discografia aiuta l’emergente a farsi conoscere, ad avere una visuale a 360 gradi del mondo della musica e soprattutto può avvalersi della collaborazione di professionisti.

Ma proprio quest’ultimo aspetto può avere un rovescio della medaglia in quanto il musicista non è più proprietario delle proprie iniziative e deve stare ai meccanismi dell’industria discografica che non sempre combaciano con i bisogni e le ispirazioni dell’artista.

Per riuscire ad emergere non è necessario avere un contratto con una Major, è invece fondamanntale che il musicista impari ad essere imprenditore di sè stesso, deve mettersi a fuoco, diventare capace di interpretare la realtà musicale in cui si muove, deve saper gestire l’ufficio stampa, le etichette, la promozione e tutto ciò che gira intorno alla musica. Infatti non è detto che delegare tutte queste attività porti a dei ritorni maggiori, per emergere oltre al talento è necessario imparare a gestire i meccanismi della discografia.

Oggi le Major puntano molto sui talent, voi non avete partecipato a uno di questi programmi per farvi conoscere, cosa ne pensi?

Credo che questa tendenza sia figlia di una situazione musicale problematica, per le Major i talent sono sicuramente un vantaggio, ma anche per il musicista in quanto sono un contenitore che da grande visibilità, sono uno strumento embrionale per farsi conoscere.

Per chi come noi ha una visione ampia della musica ed è cresciuto con un background alternativo è difficile pensare di parteciparvi. Comunque per me la musica è una sola, sia che si partecipi ai talent, sia che si facciano anni di gavetta se a muoverti è una passione sincera per la musica non importa la strada che percorri per arrivare e diffonderla.

Il vostro genere ora è ben preciso, nei prossimi lavori continuerete su questa strada o state cercando nuove contaminazioni?

E’ difficile cambiare perchè sia da parte della band che dei fan c’è affezione a certe sonorità, ma per crescere e continuare a fare musica con passione bisogna seguire un percorso che sia un’evoluzione di sé stessi e della propria musica. Deve essere un cambiamento naturale, cambiamo noi come persone, come interessi come musica fruita e cambia anche il nostro modo di fare musica.

L’evoluzione però deve avvenire in maniera intelligente e graduale per soddisfare e sintonizzare i nostri fan verso il cambiamento. La musica per me è vita, cresce con me, cambio io e cambia anche lei. Bisogna sempre essere capaci di reinventarsi e di stare al passo con il panorama musicale.

Come vedi il panorama rock in Italia?

E’ un disastro. Milano negli anni ’90 era rock ora non più, noi abbiamo avuto la fortuna di salire sull’ultimo treno in arrivo come rock band alternativa. Oggi il rock è più facile trovarlo in provincia.

Milano, come tutte le grandi città, è governata da un indivisualismo spinto. Il rock ha una dimensione ridotta, oggi i giovani che iniziano a far musica, anche tra i banchi di scuola hanno altri riferimenti, non sono più ispirati dal rock, le sonorità della musica rock non sono più adatte al linguaggio di oggi.

Il rock ha sempre espresso la rivoluzione, oggi i concetti che vengono veicolati con la musica sono altri, sono più personali e meno collettivi. Questo individualismo crescente lo si può notare anche nella fruizione della musica, prima c’erano i dischi, quasi una parola magica che si abbinava perfettamente al rock, oggi c’è l’ascolto della canzone singola su Spotify.

Infine, cosa consiglieresti a una band emergente con il desiderio di intraprendere la strada della musica?

#1 Avere persone fidate a cui far ascoltare la propria musica e l’apertura mentale per capire che se un pezzo non funziona non bisogna impuntarsi, ma avere il coraggio di cambiare e provare strade alternative.

#2 Diffidare dalle persone che dicono di essere produttori e che alla fine al primo step chiedono denaro, sono i produttori che devono finanziare.

Grazie Davide per i preziosi consigli e per la bella chiacchierata fatta!

Credits immagini: Monelle Chiti e immagini da web

Leave a Reply

Lost Password