Il sorriso malinconico di Colombre

Il nuovo protagonista della scena indie italiana dal vivo a Parma

Il Colombre è un grande, gigantesco mostro marino protagonista dell’omonimo racconto di Dino Buzzati, un mostro che stando alle leggende marinaresche, sceglie le sue vittime tra i marinai e li perseguita ovunque essi vadano. Ma Colombre è anche Giovanni Imparato, ex membro della band ‘Chewingum’, che nel marzo di quest’anno ha iniziato la sua avventura da solista scegliendo appunto il nome d’arte del grande mostro marino di Buzzati. Il suo disco ‘Pulviscolo’ è considerato tra i migliori dell’anno nel panorama indie-pop. Un composto di sonorità febbricitanti, testi incentrati su fatti personalissimi posati su ritornelli orecchiabili a cui spesso è difficile resistere. Ma ascoltare un disco di Colombre comodamente seduti in poltrona o in macchina, non è sufficiente: dal vivo, così si dice, è tutta un’altra cosa.

E così il 6 luglio, su un piccolo palco cui faceva da sfondo la campagna parmigiana, nella ‘Fattoria di Vigheffio’, ha dimostrato di essere più convincente dal vivo, con un concerto che ha regalato al pubblico una serata divertente e a tratti introspettiva. A scaldare il palco prima di lui ci ha pensato l’Edera, gruppo di giovanissimi studenti fuori sede che lo scorso novembre ha pubblicato il primo disco ‘Rampicante EP’, dai ritmi scanzonati e sbarazzini tra il pop e il folk. Tocca poi a Colombre che saluta, ringrazia, rivolge uno sguardo d’intesa ai tre musicisti che lo affiancano nel live e con un secco colpo di plettro alla chitarra, inizia. Ogni canzone è un cambio di ritmo e la sua voce risulta molto più potente che nel disco oltre che pulita e piacevole. Accompagnato da echi anni 60’, quasi psichedelici nel caso di ‘Blatte’ (che nell’album vede la collaborazione di IOSONOUNCANE), convince pian piano il pubblico ad avvicinarsi al palco, prestargli attenzione e lasciarsi trasportare dalla voce di un ragazzo che ondeggia davanti al microfono, imbracciando una chitarra canta “ci troveremmo persi in alto mare, alla deriva nello spazio interstellare” (da ‘Dimmi tu’).

I toni confusi e spensierati di ‘Fuoritempo’ diventano più quieti quando intona ‘Deserto’, brano che chiude l’album e che più degli altri forse incarna il tentativo di ritrovarsi anche in ritmi diversi, più lenti, quasi sospesi: “Tieniti stretta la tua diversità e non aver paura”. Ma tra un pezzo dell’album e l’altro, Colombre trova anche spazio per una meravigliosa cover, ‘Non arrossire’ di Giorgio Gaber, prima di tornare per il bis al light pop di ‘Sveglia’, sesta traccia dell’album. Un sound che spinge naturalmente gli spettatori ad una amareggiata ma ironica danza di strafottenza nei confronti del mondo e dei giudizi degli altri “La gente fa schifo e non voglio vedere nessuno da qui!”. Presto però si torna alla malinconia, quando intona ‘Pulviscolo’, che dà il nome all’album: “E c’è voluto poco o niente per ritrovarmi da solo in un nuovo mattino”.

Un disco riuscito quello di Colombre e un live ancora più riuscito che lo conferma un artista da tenere d’occhio. Un ritmo, il suo, che si incastra perfettamente in un contesto indie che lentamente si sta spogliando dei suoni maldestri che inizialmente lo caratterizzavano, verso un genere alla portata di tutti eppure mai banale.

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